Lavoro, famiglia e questioni di genere
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Gender Law Newsletter FRI 2025#3, 01.09.2025 - Newsletter abonnieren
ITALIA: PARITÀ AL LAVORO TRA I GENERI
2025
La rivista dell’associazione italiana dei costituzionalisti AIC Anno 2025/fascicolo 2 dedica ampio spazio al tema del lavoro, che nella costituzione italiana ha un posto particolarmente importante, dal momento che già il primo articolo al capoverso uno recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Per quanto – già dal titolo – riguarda in particolare il genere, segnaliamo il contributo di Pietro FARAGUNA, Lavoro, famiglia, questioni di genere: dopo aver presentato alcuni dati sulla situazione della parità al lavoro tra i generi, in Italia, nonché sulla partecipazione di uomini e donne al mercato del lavoro, l’autore ripercorre gli importanti sviluppi interpretativi in relazione alle ambiguità insite nella costituzione italiana: da un lato, il precetto generale di uguaglianza tra uomo e donna e la parità di diritti e retributiva di lavoratori e lavoratrici, sanciti negli art. 3 e 37 della Costituzione italiana. Dall’altro, la definizione dell’uguaglianza tra i coniugi “a garanzia dell’unità familiare” (art. 29) e la protezione della “essenziale funzione familiare” della donna lavoratrice (art. 37). Si è progressivamente sviluppata una lettura inserita “nel giusto equilibrio fra i diversi principi costituzionali e cioè della tutela della maternità, dell’autonomo interesse del minore, della parità di diritti doveri dei coniugi, nonché della parità degli uomini e delle donne in materia di lavoro, tenendosi altresì conto della moderna evoluzione della legislazione e della giurisprudenza in tema di rapporti sociali nell’ambito della famiglia”. Così, gli istituti nati a salvaguardia della maternità, sono ora visti non più al fine “esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore” non solo per quanto concerne i bisogni propriamente fisiologici, ma anche relazionali e affettivi.
L’autore dedica poi un capitolo alla spinta proveniente dal diritto dell’UE, nel quale l’uguaglianza tra donne e uomini è passata da un concetto di divieto di discriminazione in base al sesso sotto un aspetto più concorrenziale e mercantilistico a uno dei “principi fondativi della stessa identità costituzionale dell’Unione”, sempre più concentrato “sulla persona in quanto tale”.
Accenna quindi allo sviluppo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), che come sappiamo (cfr. sentenza del 10 ottobre 2022, Beeler c. Svizzera, Newsletter 2022#4) si inserisce in uno sviluppo delle società europee contemporanee orientate “verso una più equa ripartizione tra uomini e donne della responsabilità per l’educazione dei figli” e che riconosce il ruolo di cura anche degli uomini.
Vengono poi ripercorsi alcuni strumenti per promuovere la parità di genere, come le quote, la certificazione di genere e clausole di priorità, interventi nel processo di reclutamento (anche “mediante il riequilibrio della composizione dei consessi dove si prendono le decisioni sull’assunzione di lavoratori e lavoratrici”), i cui risultati non sono sempre particolarmente incoraggianti.
Occorrerebbe quindi andare alla radice delle disuguaglianze e pertanto guardare all’organizzazione del lavoro: l’autore cita Claudia Goldin, secondo cui il mercato del lavoro “premia oggi quelli che l’autrice chiama ‘greedy works’ (lavori “avari”), strutturalmente incompatibili con la genitorialità, ma nettamente più rimunerativi”, incentivando una coppia con figli a dividere le forze. Sembra quindi più promettente “immaginare azioni che perseguano l’obiettivo di eliminare del tutto il vantaggio, innanzitutto economico, del lavoro avido”. Un’altra proposta che viene approfondita è quella di “rivoluzionare il sistema dei congedi”, ossia andare verso una “piena parità di congedo di maternità e di paternità” (a tale riguardo, per la Svizzera, si confronti l’iniziativa federale lanciata da Alliance F per un congedo familiare).
Insomma, se si vuole promuovere la parità di genere nella società “è necessario sostenere misure che promuovano la parità di genere nel mondo del lavoro, e all’interno della famiglia: spesso le une contemplano, e agevolano, le altre,...”.
Abbiamo letto anche l’interessante contributo di Benedetta VIMERCATI, Lavoro, partecipazione e diritti di cittadinanza, che si dedica alla visione di una società basata sul lavoro (piuttosto che su censo, privilegi di nascita ecc.), limitandosi tuttavia al lavoro salariato.
Infatti, nella comprensione costituzionale italiana – come altrove – sembra che si guardi esclusivamente al lavoro salariato o comunque pagato, sul modello del bread male winner, lasciando completamente da parte i lavoro non pagato svolto al di fuori del mercato del lavoro, e con ciò un’esperienza lavorativa, femminile in particolare. - Come se non fosse, anch’essa, uno “strumento di concorso alla vita e al progresso della comunità”.
Accesso diretto al no. 2025/2 della rivista (https://www.rivistaaic.it)
L’autore dedica poi un capitolo alla spinta proveniente dal diritto dell’UE, nel quale l’uguaglianza tra donne e uomini è passata da un concetto di divieto di discriminazione in base al sesso sotto un aspetto più concorrenziale e mercantilistico a uno dei “principi fondativi della stessa identità costituzionale dell’Unione”, sempre più concentrato “sulla persona in quanto tale”.
Accenna quindi allo sviluppo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), che come sappiamo (cfr. sentenza del 10 ottobre 2022, Beeler c. Svizzera, Newsletter 2022#4) si inserisce in uno sviluppo delle società europee contemporanee orientate “verso una più equa ripartizione tra uomini e donne della responsabilità per l’educazione dei figli” e che riconosce il ruolo di cura anche degli uomini.
Vengono poi ripercorsi alcuni strumenti per promuovere la parità di genere, come le quote, la certificazione di genere e clausole di priorità, interventi nel processo di reclutamento (anche “mediante il riequilibrio della composizione dei consessi dove si prendono le decisioni sull’assunzione di lavoratori e lavoratrici”), i cui risultati non sono sempre particolarmente incoraggianti.
Occorrerebbe quindi andare alla radice delle disuguaglianze e pertanto guardare all’organizzazione del lavoro: l’autore cita Claudia Goldin, secondo cui il mercato del lavoro “premia oggi quelli che l’autrice chiama ‘greedy works’ (lavori “avari”), strutturalmente incompatibili con la genitorialità, ma nettamente più rimunerativi”, incentivando una coppia con figli a dividere le forze. Sembra quindi più promettente “immaginare azioni che perseguano l’obiettivo di eliminare del tutto il vantaggio, innanzitutto economico, del lavoro avido”. Un’altra proposta che viene approfondita è quella di “rivoluzionare il sistema dei congedi”, ossia andare verso una “piena parità di congedo di maternità e di paternità” (a tale riguardo, per la Svizzera, si confronti l’iniziativa federale lanciata da Alliance F per un congedo familiare).
Insomma, se si vuole promuovere la parità di genere nella società “è necessario sostenere misure che promuovano la parità di genere nel mondo del lavoro, e all’interno della famiglia: spesso le une contemplano, e agevolano, le altre,...”.
Abbiamo letto anche l’interessante contributo di Benedetta VIMERCATI, Lavoro, partecipazione e diritti di cittadinanza, che si dedica alla visione di una società basata sul lavoro (piuttosto che su censo, privilegi di nascita ecc.), limitandosi tuttavia al lavoro salariato.
Infatti, nella comprensione costituzionale italiana – come altrove – sembra che si guardi esclusivamente al lavoro salariato o comunque pagato, sul modello del bread male winner, lasciando completamente da parte i lavoro non pagato svolto al di fuori del mercato del lavoro, e con ciò un’esperienza lavorativa, femminile in particolare. - Come se non fosse, anch’essa, uno “strumento di concorso alla vita e al progresso della comunità”.
Accesso diretto al no. 2025/2 della rivista (https://www.rivistaaic.it)